Gli approcci alla gestione del cambiamento organizzativo possono essere essenzialmente suddivisi in due grandi famiglie: c’è chi preferisce un approccio incrementale e chi invece propende per una brusca riconfigurazione organizzativa. I sostenitori dell’approccio incrementale puntano su fattori come il consenso e la collaborazione. Sono consapevoli che le persone non cambiano mai volentieri, che i gruppi sono “naturalmente conservatori”, che un’ostilità al cambiamento è in grado di bloccare qualsiasi progetto. Chi è invece favorevole alle “rivoluzioni radicali” fa riferimento ai fenomeni – sempre più diffusi – di fusione ed acquisizione, di scomparsa di interi settori industriali, di esplosione di nuovi settori: sono situazioni che rendono inapplicabile l’approccio incrementale. Quest’ultimo infatti presuppone condizioni non sempre realizzabili: contesti ambientali e di mercato relativamente stabili; direzione aziendale in grado di prevedere gli sviluppi ambientali e di mercato; tempo a disposizione per mettere in atto i cambiamenti senza creare pericoli per la sopravvivenza dell’organizzazione; imprese gestite da manager intelligenti, onesti e proattivi. I sostenitori dell’approccio radicale fanno notare come la realtà sia spesso diversa: il futuro non si può prevedere; i manager non sono così illuminati; spesso il cambiamento arriva repentino e sconvolge anche gli assetti più consolidati.