In nessun luogo di lavoro (fabbrica, ufficio, cantiere, campo agricolo) si lavora così come previsto dalle procedure interne. È inevitabile che vengano inventate prassi nuove, ad esempio per sopperire a limiti tecnologici, o per trovare soluzioni in casi di emergenza. Nascono così le regole non scritte, inventate per rendere più svelto o comodo il lavoro. Col tempo si sedimentano prassi tollerate, a volte innocenti, a volte discutibili (es. omissioni, sconfinamenti), a volte pericolose, come quando vengono messi in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, o la qualità del prodotto. Le pratiche non formali sono spesso indispensabili per velocizzare i processi e risolvere i problemi. Perché in questo caso molti responsabili gerarchici fingono di non vedere (ma approvano tacitamente)? Perché non prendono atto che le nuove prassi sono meglio di quanto previsto dalle regole formali? Probabilmente perché non sanno gestirle tecnicamente. E non hanno sufficiente potere politico per modificarle. Preferiscono mantenere in vita un modello fittizio, superato ma conosciuto. La conseguenza è uno stato continuo di tensione: chi ha a cuore il buon esito del lavoro infrange le regole formali, sapendo che tali regole potranno essere usate contro di lui.