Qualcuno ancora pensa che nelle organizzazioni si decida in modo razionale? Qualcuno ancora è convinto che si possa essere scientifici nella conduzione aziendale? Pare di sì. È normale infatti vedere offerte (SW, consulenze, metodi, corsi di formazione) di sistemi e strumenti – per la gestione delle vendite, della supply chain, dei collaboratori, degli investimenti – presentati come soluzioni razionali, efficaci ed efficienti, dei problemi aziendali.
Eppure dovrebbe essere evidente a tutti che ogni giorno chi decide si trova di fronte a innumerevoli situazioni ambigue: problemi da affrontare che non sono così chiari, obiettivi che non sono così certi, regole con cui si decide che non sono così definite. Spesso non è chiaro nemmeno chi deve essere coinvolto nel processo decisionale.
Se ci fermiamo un attimo a ripercorrere come nella realtà quotidiana vengano prese importanti decisioni, ci accorgiamo facilmente come non vi sia un ordine logico e temporale fra:
- processo e risultato (es. arriviamo al risultato attraverso un processo sbagliato; oppure eseguiamo correttamente il processo ma il risultato non arriva);
- problema e soluzione (es. la soluzione trovata non ha nulla a che vedere col problema che volevamo risolvere);
- risorse e obiettivi (es. le risorse a disposizione non sono per niente coerenti con gli obiettivi che perseguiamo);
- informazione e decisione (es. decidiamo anche senza avere informazioni sufficienti; oppure raccogliamo moltissime informazioni ma non decidiamo mai);
- decisione e azione (es. decidiamo di fare ma poi non agiamo; oppure agiamo senza aver esplicitamente deciso di farlo).
Se ci fermiamo un attimo a ripercorrere come nella realtà quotidiana vengano prese importanti decisioni, ci accorgiamo facilmente come il processo decisionale sia caratterizzato da continui rinvii, improvvise accelerazioni, scorciatoie acrobatiche, stalli infiniti.
Ci accorgiamo come la partecipazione alle decisioni sia collegata alle ricompense e ai benefici futuri attesi dai singoli partecipanti. Questo dà vita a scavalcamenti di gerarchia, a inversione di ruoli, a blocchi procedurali, ad azzardi e conflitti, alleanze e resistenze.
Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso James March ed altri studiosi descrissero il processo decisionale nelle organizzazioni come un cestino dei rifiuti (Garbage can) in cui vengono gettate dentro alla rinfusa le componenti del processo decisionale, ovvero problemi, soluzioni, partecipanti, opportunità di scelta, risorse. E come si estraessero dal cestino decisioni che mettevano assieme alla rinfusa soluzioni che nulla avevano a che fare con i problemi, partecipanti coinvolti od esclusi per ragioni di potere, problemi in cerca di soluzioni, e così via.
L’immagine del cestino dei rifiuti è forte, ma rende bene l’idea. Anche nelle migliori organizzazioni, nelle migliori aziende, le decisioni vengono prese in condizioni di ambiguità, in cui i nessi di precedenza temporale e di causalità tra scelte, temi, problemi, soluzioni, decisori, situazioni decisionali, sono il frutto delle interazioni complesse fra i diversi soggetti coinvolti e non determinano risultati prevedibili.
Tutto questo non vuol dire disordine, casualità, impossibilità di prevedere i risultati, trionfo dell’irrazionale. Vuol dire che dobbiamo essere bravi a ricercare i principi ordinatori di situazioni decisionali in condizioni di ambiguità.
La presa di decisioni in condizioni di ambiguità presuppone la capacità di interpretazione da parte del decisore (più che la disponibilità di informazioni), al fine di attribuire un ordine e un senso alle azioni altrui e fornire un supporto culturale per le azioni desiderate.
In altri termini si tratta di passare dall’idea di organizzazione come strumento razionale, a organizzazione come strumento di semplificazione della confusione potenziale delle azioni collettive, senza illuderci di trovare facili soluzioni in strumenti e sistemi che risolvano “razionalmente” l’ambiguità insita nei processi organizzativi.
Riferimenti: March J. (a cura di) 1993 [1988], Decisioni e Organizzazioni, Bologna, Il Mulino