Ho incontrato in questi anni alcuni “gruppi giovani” e “gruppi donne” di importanti associazioni di rappresentanza di impresa. Il tema affrontato era sempre quello: cosa fare per contare di più? In realtà la domanda andrebbe riformulata: perché questi gruppi contano così poco?
Sono gruppi che nascono con l’obiettivo di affrontare importanti aspetti relativi alla vita personale dell’imprenditore (previdenza, assistenza, welfare), sviluppare spirito associativo fra i giovani e le donne, favorire il ricambio generazionale e la presenza femminile negli organismi. Fatto salvi alcuni successi di piccola portata, quasi mai questi gruppi riescono a raggiungere i propri obiettivi e ad incidere sulle politiche associative. Perché?
L’analisi del lavoro svolto da questi gruppi evidenzia spesso una triste realtà: il ricambio generazionale, al di là delle dichiarazioni di facciata, non è un obiettivo reale, anzi, per molti dirigenti di lungo corso (ex giovani) costituisce una minaccia. La stessa cosa si può dire per la tematica femminile.
I giovani e donne che ho incontrato raccontano di come non siano riusciti in questi anni ad incidere sui processi decisionali, né in positivo né in negativo (ad esempio bloccando delibere a loro non gradite). Con scarse risorse economiche e staff tecnici a disposizione, sono organismi che dipendono da stanziamenti decisi dai gruppi dirigenti composti normalmente da uomini ultrasessantenni, e concessi solo se utilizzati in modo conforme rispetto ai canoni decisi dai gruppi dirigenti stessi.
Al di là delle lamentele canoniche sulla loro condizione, emerge tuttavia a mio avviso un problema di fondo. Per contare qualcosa un gruppo, oltre ad essere numeroso (e spesso questi gruppi invece hanno pochi iscritti), deve rappresentare interessi veri, vitali per la vita dell’associazione. E le tematiche giovanili e femminili non sono i temi su cui si gioca il successo o l’insuccesso di un’associazione di imprese.
“Essere giovani” ed “essere donne” non è sufficiente per creare identità forti e definite. Non basta il criterio anagrafico o di genere per definire una specifica cultura associativa: altri sono i parametri significativi di aggregazione e differenziazione fra gli imprenditori. Si pensi ad esempio ai settori di appartenenza, alle dimensioni di impresa, al livello di autonomia nelle filiere, alla vocazione internazionale, alla visione del futuro e del business. E così via. Ed è su questi criteri che vanno costituiti i gruppi associativi, in modo fluido e non istituzionale, dinamico e non anagrafico, sostanziale e non burocratico.