Ogni tanto, quando si iniziano percorsi di cambiamento organizzativo, occorre fare – con calma – due o tre ragionamenti sulla gestione delle persone.
Un primo ragionamento è questo: non è detto che chi resiste al cambiamento sia una persona negativa, o priva di valore. Anzi, molti fra quanti resistono sono dotati di motivazioni e competenze. Semplicemente hanno qualcosa da perdere quando cambiano le attività, le regole, le strutture. E se resistono significa che hanno spina dorsale.
Un secondo ragionamento – collegato al primo – è che ogni cambiamento deve avere una direzione precisa, e deve essere fortemente orientato all’innovazione. Tutto questo può portare stress, ma anche forte motivazione, a patto che sia accompagnato da idonee soluzioni organizzative.
E qui arriva un terzo ragionamento: solo un’organizzazione fortemente decentrata risulta coerente con obiettivi di innovazione, flessibilità, reattività. Solo se la decisione è vicina al problema possiamo essere in grado di risolvere il problema stesso ed essere resistenti di fronte allo stress.
Un quarto ragionamento – collegato col primo – è questo: le persone di cui abbiamo bisogno devono avere capacità ambivalenti. Da un lato devono essere in possesso di competenze e motivazioni necessarie alle attività in essere; dall’altro devono essere orientati al nuovo, alla sperimentazione.
Il quinto ragionamento è la diretta conseguenza del precedente: le persone si impegnano a cambiare ed assumono responsabilità solo se sanno che saranno valutate da capi competenti. In caso contrario faranno resistenza.
Dite che abbiamo superato il numero dei ragionamenti di cui si parlava all’inizio? Io dico che siamo solo all’inizio.