Nei miei interventi di consulenza e formazione in cooperative di lavoro e sociali cerco sempre di affrontare quello che è il loro principale obiettivo organizzativo, ovvero quello di accrescere il senso di appartenenza di tutti i soci alla cooperativa (e non solo di quelli che ricoprono cariche sociali).
Non dobbiamo mai dimenticare che una cooperativa di lavoro è una impresa a proprietà diffusa, dove quindi dovrebbe essere scontato aspettarsi fenomeni come: alti livelli di coesione sociale, decisioni condivise, basso turnover, personale motivato, solido legame con il network cooperativo, forte integrazione fra settori e reparti.
Sappiamo tutti che questo non sempre accade, anzi in più di un caso assistiamo a situazioni di forte scollamento fra soci e cooperativa. Non basta infatti essere cooperativa dal punto di vista giuridico: occorre esserlo anche dal punto di vista gestionale ed organizzativo. Questo significa ad esempio:
- Utilizzare al massimo lo strumento del ristorno, in modo che la partecipazione agli utili porti ad aumentare la retribuzione dei soci, ed attivare forme di retribuzione variabile (individuale o di gruppo) legate alla performance.
- Frazionare le unità organizzative eccessivamente numerose in unità di minori dimensioni, in cui le informazioni possono scorrere veloci e le persone possano conoscersi e comunicare agevolmente.
- Distribuire l’autorità lungo la linea gerarchica in modo che siano i gruppi in prima linea a decidere sia su questioni operative, ma anche su aspetti rilevanti degli investimenti, delle operations e del personale.
- Decentrare le decisioni relative al business delle unità di prima linea: queste devono avere pochi oneri di spese generali da sopportare, unitamente alla libertà di cercare sul mercato le migliori condizioni di approvvigionamento, e di contrattare il prezzo dei servizi forniti dalle unità centrali.