Esistono almeno tre fattori che caratterizzano un dirigente cooperativo della “vecchia scuola”:
- Il dirigente cooperativo della “vecchia scuola” trae la propria legittimazione più dall’esterno della cooperativa che dal suo interno. Se è arrivato dove è arrivato ciò si deve essenzialmente alle sue relazioni con associazioni, partiti, consorterie, parrocchie, camarille più o meno framassoniche o parentali. Questo lo rende unico ed insostituibile, perché tali relazioni sono, per definizione, uniche e non trasmissibili.
- Il dirigente cooperativo della “vecchia scuola” si presenta come il solo in grado di guidare, salvare, condurre, trainare la cooperativa fuori dalle difficoltà in cui si trova, perché la cooperativa è, nei suoi discorsi, sempre alle prese con grandi difficoltà. Il dirigente ricorre al terrore per comunicare coi soci, e usa le parole in senso negativo: il mercato è malvagio, il sistema è debole, la solidarietà è necessaria ma costosa, lo sviluppo è lento.
- Il dirigente cooperativo della “vecchia scuola” si circonda di un numero ristrettissimo di collaboratori, gran parte suoi coetanei, spesso amici di vecchia data che non hanno avuto la sua brillante carriera. Questi dipendono in tutto da lui, e sono assolutamente incapaci di formulare un giudizio su quello che fa. Non hanno alcun diritto su di lui, quindi non possono pretendere nulla. Lui sa che deve fare loro delle concessioni, in modo da assicurarsi la loro incondizionata fedeltà. Spesso fra questa cerchia vi è un giovane, col quale il dirigente sembra avere un rapporto da pari a pari: in lui vede quello che avrebbe voluto essere, la sua giovinezza, i suoi sogni. Solo con lui prova entusiasmo, e si sente meno solo.