“Un capo gestisce, non è gestito!” sbottò l’amministratore delegato della Bi.Food. Corporation. Fortunatamente non va sempre così. Quando inserisco il modulo “Come gestire il capo” nei miei corsi di formazione rivolti ai quadri intermedi, i committenti reagiscono solitamente con un sorrisino nervoso. “Interessante”, “Curioso”, “Originale” sono gli educati commenti alla mia proposta. Non si può certo dire che facciano salti di gioia. Hai voglia di spiegare che già maestri come Drucker o Mintzberg fin dagli anni ’70 ne hanno diffusamente trattato. O che il successo organizzativo dipende tanto dall’abilità del capo nel gestire e motivare i propri collaboratori, quanto dalla capacità di questi ultimi di integrarsi col proprio superiore, capirne gli obiettivi, sintonizzarsi sul suo stile di comando. L’idea che i subordinati debbano “gestire il capo” non appartiene al senso comune aziendale. Eppure tutti coloro che hanno lavorato con un buon leader conoscono le prime due fondamentali regole della gestione del capo: 1) Non esponete mai il capo a sorprese: essere esposti a sorprese nell’organizzazione di cui si è responsabili è una umiliazione. 2) Non sottovalutate mai il capo. Sopravvalutando il capo non correte alcun rischio.