Regolarmente, come una cartella dell’Agenzia delle entrate, arriva l’opinione di economisti, tecnologi ed esperti di finanza che definiscono le nostre PMI come un problema per l’Italia, e individuano il limite del nostro tessuto economico nel nanismo imprenditoriale, che crea imprese incapaci di sostenere investimenti in ricerca e sviluppo. Sostengono inoltre che queste imprese presentano sistemi di gestione obsoleti, assetti di governance fragili e basi finanziarie insufficienti.
Tutto vero, se non fosse che, nella realtà, le nostre PMI esportano in tutto il mondo e hanno la capacità di interagire con una vasta gamma di attori, dalle multinazionali agli ambulanti. Tutti all’estero ammirano la nostra capacità di produrre beni di qualità, innovativi e prestigiosi. Ciononostante, gli economisti, i tecnologi e gli esperti di finanza – che basano le proprie conoscenze principalmente su studi e analisi di matrice anglosassone – insistono nelle loro analisi.
Gli antropologi hanno da tempo riconosciuto che le PMI italiane possiedono capacità di resilienza e flessibilità che le grandi corporation non possono nemmeno immaginare. Le nostre PMI sono in grado di adattarsi meglio di chiunque altro alle avverse condizioni di mercato, poiché non cercano di dominare il mercato stesso, ma di capirlo e anticiparlo. Non accumulano risorse per remunerare speculazioni finanziarie, ma si concentrano invece sulla solidità interna per affrontare sfide a lungo termine. Utilizzano al meglio le risorse a loro disposizione, riutilizzano ciò che hanno, e sanno fare di più con meno.
Questo DNA è il nostro punto di forza, ed è basato sulla coesione sociale e su aspetti identitari peculiari ed unici. Gli economisti, i tecnologi e gli esperti di finanza continuano a trascurare questi aspetti mentre insegnano nelle università e nelle business school, scrivono su pubblicazioni specializzate, partecipano a dibattiti e conferenze o – peggio ancora – forniscono consulenza per la stesura delle norme pubbliche che regolano l’attività delle imprese. Anche da questo derivano le attuali incertezze e gli errori sulle politiche eco-compatibili, fiscali, normative e burocratiche che riguardano le imprese e il lavoro.