Una questione ricorrente. Qual è il sistema organizzativo più adeguato per promuovere innovazione e creatività? È meglio una struttura centralizzata, o una decentrata? È meglio un sistema autoritario o uno partecipativo? È meglio la grande o la piccola dimensione? La comunicazione deve essere libera o segreta? Fatta la – solita – premessa che non esiste una ricetta universale valida per tutti e per tutti i casi, possiamo dire che un certo grado di frammentazione organizzativa (piccoli gruppi in competizione fra loro e con un alto livello di comunicazione reciproca) porta maggiori vantaggi, a patto che preveda libera circolazione delle idee e diversità culturale.
Facciamo un esempio. La fortuna di Cristoforo Colombo fu quella di vivere in un contesto politico frammentato. Il duca d’Angiò, presso cui prestava servizio, si oppose al finanziamento della sua spedizione per le Indie. Allora chiese aiuto al re del Portogallo, ricevendone un rifiuto. Poi fu il conte di Medina-Celi a non credere al suo progetto. Da ultimo trovò ascolto presso i reali di Spagna, e potè finalmente partire. Fosse vissuto sotto un governo unico continentale sicuramente non avrebbe trovato una maggioranza favorevole alla sua iniziativa.
Ogni sistema centralizzato – anche quello più democratico – dipende dalle decisioni dei pochi che stanno al governo. Un sistema centralizzato fa dipendere la vita di tutti dalle decisioni di pochi. In un sistema del genere gli innovatori – quelli come Cristoforo Colombo – hanno vita durissima.