Racconta Edgar Schein che durante la guerra di Corea, molti militari americani furono rinchiusi in campi di prigionia cinesi, gestiti in modo molto meno brutale rispetto ai campi coreani. La linea morbida adottata dai cinesi produsse effetti fenomenali: al rientro in patria, gran parte dei prigionieri americani manifestò idee di apprezzamento della politica cinese. Come fecero i cinesi ad ottenere questo risultato? Procedendo per gradi e con un metodo implacabile. Ad esempio si chiedeva ai prigionieri di sottoscrivere dichiarazioni generiche (“Gli Stati Uniti non sono perfetti”). Qualche tempo dopo li si invitava ad elencare alcuni esempi in tal senso. Successivamente si chiedeva di leggere tale elenco in un gruppo di discussione (“In fondo sono idee tue, vero?”). Infine l’elenco compilato dal prigioniero veniva diffuso – assieme al suo nome – in trasmissioni radiofoniche destinate a tutta la Corea. Ad ogni passaggio il prigioniero poteva ottenere piccole ricompense (un po’ di riso ad esempio). Nel giro di alcune settimane il prigioniero si trovava ad essere diventato a tutti gli effetti un “collaboratore”, senza aver subito minacce o violenze, né aver ottenuto premi sostanziosi.
Perché un prigioniero, una volta iniziato il percorso, continuava a collaborare? E soprattutto, perché, una volta tornato a casa, continuava a difendere la politica cinese? Secondo Schein il metodo cinese fa leva sull’esigenza di tutti noi di salvaguardare l’immagine che abbiamo di noi stessi, di apparire persone coerenti e libere, di non smentire scelte fatte senza coercizioni o premi. In particolare il tema dei premi merita un approfondimento: questi sono sempre di piccola entità, spesso simbolici. Se allettato da un premio troppo ricco, il prigioniero può convincersi di aver agito sotto la spinta di uno stimolo cui era impossibile resistere, e giustificare di fronte alla propria coscienza il gesto fatto (“non pensavo veramente quello che dicevo, ma non potevo dire di no a quell’offerta”). Il metodo cinese non lascia scampo, non ti dà alibi: con pazienza e costanza interviene sull’immagine che hai di te stesso e fa leva su questa per ottenere adesione e consenso.